Era soprattutto nelle sere estive che amavo andare dal nonno. Mia madre mi accompagnava tutte le volte che volevo. Anche a lei piacevano i suoi racconti. Ricambiava sempre quel dono con uno scambio di dolci. Il mio sguardo si spostava dalle mani di mia madre che montava le uova a neve, a quelle del nonno che si muovevano nell’aria. Gesticolava moltissimo quando parlava. Arrivavamo nel tardo pomeriggio e mi chiedeva se volevo ascoltare una favola fissandomi con i suoi occhi verdi. Tra le tante, sceglievo sempre la stessa. Lui si avvicinava alla sua sedia a dondolo e inarcando divertito il sopracciglio destro, protestava, dicendo che ne conosceva tante altre e che prima o poi avrebbe smesso di dondolare su quella sedia e io non le avrei mai conosciute. Lo supplicavo di raccontarmi di Mizar. Non dovevo mai insistere molto. Anche a lui piacevano le avventure della “Signora delle Stelle”. Una mattina, era il primo mercoledì di marzo e lo ricordo benissimo perché quel giorno dovevo fare la verifica di matematica, mia madre mi annunciò che non sarei andata a scuola. Mi chiese di lavarmi e mi ordinò di mettere un bel vestito. In casa c’era un silenzio strano; mio padre non aveva ancora preparato la colazione e mia sorella non mi aveva fatto nessun dispetto. Dobbiamo andare dal nonno, disse mia madre; vuole parlare con i nipoti. Non capivo cosa avesse di così urgente da dirci che non potesse aspettare il suono della campanella.
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Raffaela Ruiu