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"Questa anamnesi delle ultime ore del jazzista, diventa il segno in cui visibile e invisibile si toccano. Nella lingua dimessa e lancinante di Sarner, così come nel fraseggio musicale di Chet Baker, il segno (la parola) circoscrive la fisicità e se ne sottrae, avvicina il dato biografico e lo consuma in un fuoco lentissimo, in ombre che si frastagliano, si mescolano in gorghi di luce e scompaiono per lasciare posto a una immobilità brulicante di sussurri, di memorie appena accennate e lacerate".
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Dalla postfazione di Marco Conti